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 A PROPOSITO DELLA PITTURA DI GUIDOTTI...

     Amore, mistero e vita cadenzano la ricerca pittorica di Mauro Guidotti, ne segnano il simbolismo, le allusioni, le scelte cromatiche. Tutte le sue tele presentano all’occhio dello spettatore i grandi occhi delle sue figure: occhi che guardano altri occhi, nello stupore della scoperta e nella domanda di senso sul valore di ogni relazione: con gli altri come prossimo, con l’Eterno Femminino, con la natura, con se stessi, con il Mistero.

     Guidotti fa scelte radicali andando alla radice della vita, al di qua di tutto ciò che con il tempo si va sedimentando, di fatto un orpello, malgrado l’illusione dell’uomo di avere a che fare con l’essenziale. Ma l’essenziale è altro-ve e Guidotti vi allude con chiarezza e forza espressiva: si tratta di strade maestre, di direzioni di fondo, di scelte di vita. Il resto sembra diventare quell’effimero scambiato per necessario e che, invece, distrae l’uomo da quel vero a cui è chiamato e al quale è destinato. E andando alla radice Guidotti recupera lo stupore della scoperta, dell’interrogarsi inquieto, del guardare e sgranare i tanti occhi delle sue immagini.

     Il suo linguaggio è una originalissima sintesi tra i murales popolari che ha conosciuto, apprezzato e assorbito nella sua esperienza di vita in Colombia, esperienza tanto determinante da accompagnarlo al felice matrimonio con una donna colombiana (segno evidente di un’armonica sintesi con quella cultura) e la conoscenza delle conquiste accademiche dell’arte occidentale, recuperate e ben presenti nelle sue tele. Una sintesi originalissima dicevo, con l’efficacia immediata della pittura popolare e l’intrigo simbolico della raffinata complicazione della nostra storia dell’arte, in particolare cubista e surrealista.

     Ho altrove definito l’arte del Guidotti, in linea con la poetica di Garçia Marquez, colombiano d’eccellenza, un’arte ispirata ad una sorta di realismo magico che diventa anche, reciprocamente, magia realistica.

     Va, tuttavia aggiunto, che il concetto di ‘magia’ nulla ha a che fare con il mondo dell’occulto e della superstizione, ma dell’incanto infantile, dell’irrealtà come realtà virtuale, del desiderio come traino del reale.

     Per questo motivo le sue tele sono attraversate da cerchi, circoli, sfere, circonferenze, linee chiuse insomma, accoglienti, rasserenanti, ‘materne’, avvolgenti, onnicomprensive. È una materia fluida, vivida, che corre su linee che ritornano e si ripropongono perché compiute, cariche di identità e significato.

     Sul piano cromatico, nella produzione di Guidotti, a volte compaiono tele bicolori, in bianco e nero, come certe fotografie di grande suggestione realista; più di frequente domina soprattutto il celeste (con varianti sono al blu), l’allusione al cielo, alla “celeste dote negli umani” di foscoliana memoria, dove precisamente quel colore indica quel lassù che è immagine dell’Altissmo, del Mistero, confermato dall’altro colore che segna costantemente la pittura di Guidotti: il giallo. Il giallo delle stelle, delle sfumature, della luna, di qualche sfondo. Più raro è il verde, ben presente nella tela …quando la vita… che ho voluto desse il nome a queste mie riflessioni sull’opera di Guidotti. Il verde è la terra, la vita, il qui e l’adesso, dunque lo hic et nunc del nostro quotidiano. Celeste e giallo sono il mondo della relazione, dell’alterità, della Trascendenza. La vita è in itinere, è davvero un passaggio, dove come è visibile nel titolo, i puntini di sospensione sono prima e dopo, in quanto l’origine della vita e la sua vocazione sono in un fondamento che la trascende.  

     Una singolare speranza attraversa la ricerca e l’opera di Guidotti: non è una speranza immediata, di facile comprensione e manifestazione. È una speranza vissuta, complessa, ardua da raggiungere, ma, proprio per questo motivo, salda, forte, orgogliosa, chiara e solidale.

     Una visione delle tele di Guidotti induce ad un sentimento di armonica appartenenza alla storia, sia come tradizione che come originalità avanzata, sia come mondo esotico e fantastico che come realtà nostra presente e quotidiana. Una virtù che rende questi dipinti ‘belli’ nel senso pieno del termine, capaci di accompagnare ogni uomo nel suo viaggio terrestre.     

(Roberto Rossi)

OPERE

  1. IL CIELO DELL'AMORE

    “La realtà dell'altro non è in ciò che egli ti rivela, ma in ciò che non riesce a rivelarti. Perciò, se vuoi capire l'altro, non dare ascolto a ciò che egli ti dice, ma piuttosto a ciò che egli non dice”. (K. Gibran) Tecnica: Grafite su MDF Misura: 100 x 100 cm Data: Giugno 2015 Ancora una volta, l’elemento femminile è predominante: il dipinto, sempre efficace nel bicromatismo bianco/nero, è tutta una serie di avvolgimenti curvilineii. Anche in questa tela, dunque, Guidotti allude in ogni parte al femminino. Il cielo dell’amore è, dunque, espresso dalla madre, sulla destra, dalle sembianze analoghe, anzi fortemente simili a quelle di tante Madonne presenti nelle icone d’Oriente, mentre sulla sinistra della tela una bambina tende il suo braccio verso la madre. Il braccio è destro, ma proviene dalla spalla sinistra della bambina: dunque vuole avvolgere la madre, abbracciarla, in quanto rivolto verso l’interno. Le stelle ricorrono anche in questo dipinto, qui non soltanto riempitive, mentre in basso una sorta di sfere celesti decrescenti, che inducono l’osservatore a considerare la profondità, sembrano, con la loro ordinata regolarità, sottomettere lo stesso disegno del cosmo al mistero d’amore. Insomma, pianeti e costellazioni, più che dalla forza di gravità e da altre relazioni meccaniche, sono regolate dall’amore armonico che le unisce e le distingue. Più enigmatico è quanto Guidotti propone al centro del suo dipinto. Una doppia mano sembra offrire qualcosa, qualcosa di vitale.

  2. IL SEGRETO

    “Solo quelli che serrano i segreti nei loro cuori potrebbero indovinare i segreti che sono nei cuori degli altri”. (K. Gibran) Tecnica: Matita su MDF Misura: 80 X 100 cm Data: Luglio 2014 Non c’è dubbio che l’uso del bianco e nero appaia come la modalità espressiva più idonea ed efficace con la quale Guidotti riesce al meglio con la sua pittura. Anche in questo pezzo le consuete volute rotondeggianti che segnano tutta la tela (basti vedere come il segno lasci vuoto lo spazio periferico, quasi a costituire un pass-partout interno al quadro), ma, direi, l’intera produzione dell’Autore, acquistano qui più forza proprio dall’alternanza di zone bianche e zone scure. Proprio queste rotondità alludono alla forma che più caratterizza quest’opera: l’uovo. È l’uovo la forma che ricorre in modo manifesto o indiretto ovunque, persino nelle dita della mano, nelle guance e nei volti o, ancora, nei riccioli dei capelli. Ed è l’uovo il segreto, l’origine della vita, la sua più intima primigenia essenza. A conferma di tutto questo, quasi a voler eliminare ogni dubbio, ecco sulla destra l’allusione alla gallina, la creatura che più delle altre richiama alla forma ovale, ma che in questa tela rappresenta ogni creatura femminile ed il mistero, anzi il segreto, che in sé racchiude. Il quadro occupa in modo equilibrato lo spazio, sviluppandosi per avvolgimento a spirale, dal cui centro emerge il volto che catalizza l’osservatore e fornisce una sorta di gerarchia interna alle altre forme presenti.

  3. LA DONNA TRA BELLEZZA E NOSTALGIA

    “La tristezza è come un muro tra due giardini”. (K. Gibran) Tecnica: Carboncino su MDF Misura: 70 X 85,5 Data: 24/04/2012 Reminiscenze picassiane rivisitate con l’intensità dell’emozione. Sopra e sotto, ma anche ai lati, c’è l’ondeggiare dei capelli, del mare, forse, o l’ondulare della sabbia o anche, quale grande simbologia, il fluttuare di una materia fluida, come l’Eterno Femminino, che seduce con le sue onde, curve perfette, curve pericolose, l’avvolgerti della vita. I due volti guardano orizzonti diversi, probabilmente opposti, come le loro bocche, segnali di una mimica che vive sentimenti contrastanti: lo sguardo ha occhi languidi laddove la bellezza è potere, vita, signorìa; ma può avere anche occhi sgranati, che frugano nei ricordi, occhi tanto più grandi quanto più è necessario aggrapparsi alla memoria. E poi quella mano sinistra che frena, allontana, separa, che tiene a bada il volto della nostalgia, una bellezza che vuole ancora spazio e che, anzi, vorrebbe ignorare l’inesorabile tempo che potrà essere, che è e che ora, però, è bene non guardare. La mano destra, invece, immensa e curvilinea, avvolgente e tanto vorticosa perché rinforzata dal seno a spirale, nasconde e rivela ed è al centro del dipinto, perché al centro, proprio lì, celato, c’è il mistero della vita, che è, appunto, bellezza e nostalgia. Fra simboli, sogno e la grande tradizione popolare dei murales sudamericani (un richiamo al realismo magico di Garçia Marquez?) uniti alla raffinatezza della pittura europea, con un tratto marcato, aggressivo, vitale, che non lascia spazi, che invade la tela nella sua pienezza, creando mulinelli circolari come su un mare agitato, l’osservatore, incauto, può perdersi, perché deve essere fedele ai due fuochi, con una sorta di strabismo semantico, conservando nella visione, contemporaneamente, i due vettori emozionali che segnano lo spazio del dipinto ed il suo significato.

  4. TESI-ANTITESI E SINTESI.

    “Nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione”. (F. Hegel) Tecnica: Carboncino su MDF Misura: 50 X 70 cm Data: 15/02/2013 È certamente il dipinto di Guidotti che prediligo. È un’opera di grande equilibrio, molto europea, lungo una tradizione che ancora una volta riecheggia certi lavori picassiani. Tre sono i punti di fuga: i due indicati dai volti che guardano su lati opposti e al centro il groviglio di mammelle che ricompongono l’unità dei due corpi, anzi, dei due corpi, la loro sintesi estrema. L’acromatismo di questo pezzo dà efficacia ed essenzialità alle linee che bene coprono lo spazio della tela sapendosi armonizzare con misura. Carico di simbolismo è più il titolo che il dipinto, che invece non evidenzia la solita esuberanza di Guidotti e la molteplicità semantica presente nella sua produzione. Qui domina il controllo, una creatività illuminata dalla ragione, senza quell’esplosività che talvolta fa avvertire eccesssivamente limitata la tela rispetto al tema dipinto. Basti osservare come i due angoli inferiori della tela vengano “accompagnati” e rinforzati da un braccio piegato e dalla pianta di un piede, entrambi posti a controllare e misurare il rapporto tra l’immagine e la tela che l’accoglie. La stessa funzione la fanno, nella parte superiore della tela, i capelli-onde, che uniscono i due volti e, ricadendo a sinistra, passano il testimone della continuità compositiva al gomito della prima donna a sinistra. Proprio questo elemento fornisce una dinamicità al dipinto che pare scorrere in senso antiorario e supportare come una seconda cornice il centro della tela, fortemente avvolgente, tondeggiante, ciclico e non soltanto per la sfericità dei seni, ma anche dei riccioli dei capelli e di una pancia che tutto comprende, tutto accoglie

  5. CIRCOLO DI AMOROSE PRESENZE

    “Se vuoi essere più vicino a Dio, stai più vicino alla gente”. (K.Gibran) Tecnica: Matita su MDF Misura: 46, 5 X 50 cm Data: 28/03/2013 Qui la predilezione di Guidotti per le linee chiuse e curve trova il suo trionfo, persino evidenziato dal titolo della tela. Il grande cerchio centrale (forse più una sfera, visto l’intrecciarsi prospettico dei piccoli quadrati e rettangoli in basso che danno volumetria) accoglie altre volute cicliche, dove domina lo sguardo, gli occhi (ce ne sono cinque sulla tela), l’olfatto, i nasi (quattro) ed il contatto dei baci o il silenzio, cioè le bocche (tre), sensi più numerosi rispetto all’udito, le orecchie, che la tela ci presenta in una sola unità, per di più decentrata. Dunque è per questo motivo che le bocche sono lì per baciare o tacere nel silenzio degli sguardi, non per parlare: non avrebbero, infatti, orecchie sufficienti all’ascolto. E allora si tratta di un intreccio di silenziosi sguardi, declinanti verso il basso, riflessivi, solennemente sereni e pacati perché appagati. Guardarsi nella pienezza del silenzio che tutto comunica è il compiersi di un unico grande rapporto d’amore, dove non si invade l’altro se non per unirsi a lui. In questa tela non è il colore a segnalare ed esprimere l’intreccio e l’elemento emotivo che lo connota: l’esuberanza è solo segnica, ma è, ugualmente, pienamente espressiva.

  6. IN FONDO UN GRIDO

    “De profundis di un'abiezione si grida due gridi: Ce la vedremo, o mondo! Oppure: Lo sai che ti amo?” ( Cesare Pavese) Tecnica: Matita su MDF Misura: 44, 7 X 50 cm Data: 17/07/2013 C’è una gradualità espressiva che in diagonale, dal volto posto in alto a sinistra, va a discendere sino al grido che titola questo dipinto. Tra il primo volto, quasi sorridente, rubicondo, tondeggiante e completo, perché visto frontalmente, si passa al volto gridante, ovalizzato (pare alludere a certe maschere africane), volto dimesso, appunto, come indica il titolo, posto “in fondo”, con l’occhio declinante e con la bocca aperta rinforzata da una voluta che la circonda, ma passa attraverso un terzo volto, caratterizzato da un occhio aggressivo e da una bocca digrignante, carica di rabbia ed attraverso il vortice che collega il volto della rabbia con quello del grido. Dunque, il grido è quello di richiesta d’aiuto, forse anche d’impotenza, dopo la prima serena illusione ancora, forse, inconsapevole della vita e solo sorridente ed il momento successivo della rivolta rabbiosa, ancora tesa a chissà quale ideale, irraggiungibile e lontano, causa, probabilmente, di un crollo vorticoso, senza fine. Il grido è allora anche consapevolezza, coscienza del proprio limite, dell’invalicabilità di certi problemi. Ma perché compare il pesce, in fondo alla tela, a scorrere dall’uno all’altro volto? Quale la simbologia allusa da Guidotti? Un semplice scherzo di linee che casualmente s’intrecciano? Certamente no. Sono linee che hanno vita, una forma ben delineata, con coda e bocca aperta, con un occhio vigile, anch’esso aggressivo. C’è, di frequente, la presenza di creature animali nei dipinti di Guidotti, cariche di simbologie e allusioni talvolta misteriose. Qui, il pesce, va a collegarsi al volto che grida? A rappresentarne il mutismo e, dunque, l’inutilità, il suo mancar di suoni, di voce, di ascolto?

  7. IL GHIGNO

    “…lo diceva bene Paganini che il diavolo è mancino, è subdolo e suona il violino”. ( Franco Battiato) Tecnica: Pennarello su cartoncino Misura: 70 X 100 cm Data: Novembre 2015 Una tela dove l’Autore scherza con la fantasia. Il dragone/uccello con la sua testa beffarda in alto a sinistra del dipinto, le onde come base della composizione con tanto di volute che paiono alludere ad occhiali subacquei o ad una maschera subacquea, e poi ancora una sorta di Eolo che, sulla parte sinistra, soffia dentro una sfera, con le zampette del dragone/uccello che paiono azzittirlo sono soltanto alcuni dei personaggi o delle figure che animano questo dipinto. Dall’altra parte della tela, a destra, due grandi volti che s’intersecano ed entro uni dei quali un omino, -che pare, come Atena, un concepito dall’intelletto-, guarda con paura e stupore la scena. I due volti s’intersecano attraverso un cuore rovesciato o chissà cos’altro. E al centro il volto beffardo e clownesco con l’espressione a cui allude il titolo della tela. Non sfuggirà all’osservatore il fatto che la tela sia in bianco e nero. Pur avendo nel colore una risorsa importante, va detto che i lavori acromatici di Guidotti sono sempre piacevoli, anche quando il tema è serio o drammatico. Probabilmente c’è una sorta di predisposizione alla litografia, come ho detto in qualche circostanza precedente. Tanto i colori di Guidotti sono coinvolgenti, sino a pensarli come vetrate di chiese o edifici istituzionali, tanto le sue tele in bianco e nero aprono alle ampie possibilità che l’artista potrebbe percorrere sulla via delle litografie.

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